La collezione reale

     

La Collezione Reale e il suo completamento nel 1983

 

di S. Balbi de Caro (abstract)

 

 “Martedì 19 giugno dell’anno 1945: Luigi Einaudi annotava sul proprio diario Alle 19 al Quirinale. Il Principe [Umberto]ringrazia gli impiegati per la premura nella restituzione del monetario del Re. Purtroppo, facendo la ricognizione precisa, si constata che i tedeschi hanno asportato quasi tutte le monete d’oro, le quali costituivano la parte più preziosa della rarità della collezione. Il peggio sarà che quelle monete saranno fuse per farne perdere le tracce, disperdendo un patrimonio storico inestimabile per ricavarne semplicemente un poco d’oro. Tedeschi e fascisti repubblicani hanno commesso altresì grossi guasti nelle carte e nei documenti degli archivi di Pollenzo, Racconigi e Torino. Carte e documenti di cui non capivano l’importanza erano sbattuti per terra, calpestati e finivano per alimentare il fuoco nei caminetti  (Diario, p. 391).

Con la restituzione ai legittimi proprietari si concludeva così, felicemente, anche l’avventura oltr’Alpe della Collezione Reale. La fama della raccolta, ricca di oltre centomila pezzi, messa assieme in più di cinquant’anni di cura certosina dalRe numismatico, aveva, come l’oro della Banca d’Italia, attirato fin dal primo momento l’attenzione dei tedeschi.

L’occasione per impossessarsene venne nel settembre del ’43. La collezione, al momento della firma dell’armistizio e della proclamazione della Repubblica di Salò, si trovava nella residenza reale di Pollenzo, in Piemonte, dove, per motivi di sicurezza, era stata da poco trasferita dal rifugio romano di Forte Antenne.

Caricate su autocarri dai tedeschi, le casse con le monete furono trasportate a Monaco di Baviera. Ma già nel gennaio del successivo anno 1944 motivi di opportunità politica avevano indotto il Fürer ad aderire alla richiesta di restituzione avanzata da Mussolini, preoccupato per l’eco che la notizia del “trafugamento” aveva avuto sulla stampa italiana.

Le casse contenenti le monete del Re rientrarono così in Italia, ricoverate a S. Anna di Valdieri (Cuneo) prima, a Monza poi. Non senza danni. Due delle ventitré casse, infatti, risultò che erano state aperte. Ma, dopo il crollo della linea gotica, ritroviamo le casse della Collezione ancora su un autocarro tedesco, sulla via di Bolzano, questa volta diretto a Gries. Era l’aprile del 1945 (D’Incerti 1971, p. 239 ss.).

A giugno, come si è visto, il luogotenente del Re, il Principe Umberto di Savoia, poteva ringraziare gli impiegati per la premura nella restituzione del monetario del Re. Le preziose casse, recuperate dagli americani, erano finalmente rientrate al Quirinale.

Un anno dopo, il 9 maggio del 1946, il vecchio Re dalla lancia che lo avrebbe portato verso l’esilio, tornando col pensiero a quella che era stata la più grande passione della sua vita, donava la propria collezione al popolo italiano.Le monete, affidate dapprima in custodia all’Istituto Italiano di Numismatica (DL. n. 108 del 6 settembre 1946), furono poi consegnate nel 1971 al Medagliere del Museo Nazionale Romano, dove si trovano tutt’ora.

Il 28 marzo del 1983 si sciolse anche l’ultimo “giallo” che tanto aveva angustiato collezionisti e studiosi: la sezione di monete di Casa Savoia, stimata in ca. 4 mila pezzi, per volontà testamentaria di Umberto II rientrò in Italia dalla Svizzera, dove era approdata, dopo la morte di Vittorio Emanuele, forse direttamente dall’Egitto dove aveva accompagnato il Re per i suoi studi. I pezzi, al riscontro effettuato dalla Soprintendenza Archeologica di Roma, che li prese in consegna, risultarono essere ben 8316, dei quali 720 in oro”